Dito medio

Sono arrabbiata. Anzi no, sono incazzata nera. E sono felice di esserlo, perché la rabbia è la mia migliore amica.

È il salvagente che mi permette di non annegare nel dolore per i miei fratelli, morti a migliaia nel mio mare sotto gli occhi indifferenti di coloro che dovrei sentire carne della mia carne e che, invece, sono solo stranieri nel mio cuore.

La rabbia è l’unica arma che ho per sopravvive in Italia, il mio Paese in guerra, bombardato d’odio. Un Paese dove chi accoglie viene arrestato e chi lascia morire governa; dove chi è fascista esercita una libertà di opinione e chi ama una persona dello stesso sesso non ha nemmeno il diritto alla famiglia.

In nome di tutte le persone morte in mare, di tutte le donne violentate e uccise a causa di una cultura patriarcale e maschilista, in nome di tutti gli amori ostacolati e di tutti i principi violati, io rivendico il mio diritto alla rabbia e alla disobbedienza.

Rivolta contro l’ingiustizia, la rabbia è un potente motore verso il cambiamento. Quindi da ora in poi, chi cercherà di zittirmi riproverandomi di essere arrabbiata, non farà altro che motivarmi ancora di più.

Ed è a costoro, che con questo post rivolgo un combattivo e rabbioso dito medio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pacchia

Screenshot_20181225-173128_1.jpgCredo che in alcune circostanze sia facile capire se una persona ha una coscienza o non ce l’ha; proprio come sarebbe facile capire l’enorme differenza che c’è  fra una persona che soffre di fronte allo sgomento di questa donna e un’altra che continua ad utilizzare il termine “pacchia” per definire l’incubo che questa foto racconta.

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Mi fanno paura gli stranieri

Non mi fa paura Salvini. Né mi fanno paura i razzisti che lo seguono.

Temo i giusti che rimangono in silenzio. Quelli che non si espongono per non entrare in conflitto. Coloro che non si schierano per par condicio o per diplomazia. E mi fanno paura coloro che continuano le loro vite come se nulla fosse.

Mi fanno paura gli ipocriti che si nascondono dietro le varie “E la guerra in Siria?”, “E gli italiani?, “e allora il Pd?”.

Temo quelli che celebrano le giornate della memoria, che postano dappertutto link per ricordare i vari genocidi e poi si voltano dall’altra parte quando il loro stesso governo è complice di un olocausto.

Mi fanno paura quelli che credevo fossero miei amici, quelli che pensavo stessero dalla parte giusta della storia e invece no.

Mi fanno paura gli stranieri, coloro che non rispettano la Costituzione, quelli che non portano avanti gli ideali e i valori del mio Paese. E che nella maggior parte dei casi non sono immigrati, ma italiani.

 

 

 

 

 

 

 

Italia mia

Il mio Paese è  in guerra. Solo che ad essere bombardati non sono le città ma i cuori, e il campo di battaglia è dentro le persone, non fuori.

Il mio Paese sta sanguinando. I suoi figli Rom, gay e di colore vengono picchiati, feriti con pistole, minacciati di morte.

Il mio Paese ha un cimitero grande quanto il mare e un Ministro dell’odio che lavora, instancabile, per riempirlo di cadaveri.

Il mio Paese è  spaccato a metà: da una parte il disprezzo, dall’altra la compassione. Da una parte l’ omissione di soccorso, il razzismo, l’omofobia e dall’altra l’accoglienza, la lotta contro le ingiustizie, il desiderio di libertà e uguaglianza.

Il mio Paese è  in guerra. Ma ancora non lo sa.