“Coming out of the closet”

Adoro i bambini e i bambini adorano me. Sono una educatrice e il mio sogno è amare i bambini e le bambine che non sono amati da nessuno, sento che tutto l’amore che posso riuscire a provare lo vorrei regalare a chi non ne ha. Ah! e non voglio fare un figlio. Voglio avere tanti figli e figlie, tutti quelli che umanamente mi sarà possibile amare ma non metterli al mondo. Sono una donna. Ho un utero e quindi posso procreare ma non voglio. Non è sempre stato così. O meglio era così fino a quando, in un momento indefinito fra l’infanzia e l’adolescenza la società mi ha stuprato il cervello e mi ha ingravidata con l’equazione donna=procreatrice. Mi ci è voluto un cancro per capire che non voglio essere una genitrice. Voglio essere solo una madre. Anzi, già lo sono. Non voglio mettere al mondo altre persone quando il mondo è già pieno di creaturine che hanno bisogno di me. La tipica frase detta da molte madri (tutte forse?) – prima di tutto viene mio figlio – mi fa paura. Attenzione, non mi fa paura che le mie sorelle provino questo per i loro figli; mi fa paura che un giorno io possa sentire una cosa del genere. “Prima di tutto viene MIO figlio”, e tutti gli altri figli che non sono di nessuno? Posso davvero riuscire a sentire che mi importi meno di loro? Mi terrorizza questa idea, la rifiuto. E rifiuto l’idea di partorire un altro essere umano. E mi sento giudicata (forse dovrei dire che sono giudicata). Mi sento una traditrice della patria (“in Italia c’è un tasso di fecondità bassissimo”), una ingrata (“con tutte le donne che non riescono a fare figli!”), una data di scadenza (“vedrai che quando l’orologio biologico inizierà a ticchettare ti passeranno tutte queste strambe idee”). Mi sento in tanti modi, quando l’unica cosa che vorrei sentire è che non c’è un percorso giusto e uno sbagliato e che ho il diritto di fare del mio corpo (e del mio cuore) quello che voglio. Ancora non ci sono arrivata completamente ma ho fatto grandi passi in avanti, come ammettere che non voglio fare un figlio. Prima di tutto ammetterlo con me stessa e poi con le persone a me care e ora anche il coming out ufficiale sul mio blog. Arriverà il giorno in cui non mi sentirò più sbagliata per questo e quel giorno, ne sono certa, non avrò neanche bisogno di scriverlo. Fino a quel momento, come sempre, ci penso e vi faccio sapere.

Io ci proverò

Un giorno ti capiterà di essere troppo stanco o stanca per informarti, per resistere, per lottare, avrai paura per il futuro dei tuoi figli e vorrai soltanto trovare una soluzione, un senso, qualcuno da incolpare. E loro lo avevo previsto: ti avevano già  bombardato di notizie false, di frasi fatte e stereotipi.

E così, semplicemente, succederà: smetterai di vedere individui, persone con una coscienza propria, con un percorso e una storia che le rende uniche ma vedrai solo la loro etnia, il loro sesso, o la loro provenienza. E saranno tutti uguali, divisi per categoria.

La categorizzazione è il meccanismo che crea gli stereotipi su cui si formano i pregiudizi. Ed è utile per lo più, quando serve a formare scatole mentali in cui ordinare le migliaia di informazioni che arrivano al tuo cervello, a raffica, dal mondo esterno. Ma è anche la madre di tutti i razzismi, i sessismi e le fobie: una trappola mortale per la tua umanità, quando l’astrazione finalizzata a semplificarti il pensiero diventa l’unico modo di vedere il mondo, una macchina che produce giudizi basati solo su una visione stereotipata della realtà.

Quando questo succederà, comincerai a parlare con frasi che hai sentito mille volte, anche se non sai chi le ha dette per primo o quando. Selezionerai le notizie da leggere, in modo che rinforzino la tua opinione, e ad un certo punto utilizzerai i social network come fossero mezzi di informazione. Smetterai di chiamare le persone “persone” e inizierai a definirle sulla base del luogo d’origine o di chi si portano a letto. Avrai paura di loro anche se non ti hanno mai fatto nulla e persino se non le hai mai incontrate. E se per caso qualcuno di loro ti sorprenderà, sarà soltanto l’eccezione che conferma la regola. Starai ben attento o attenta nel sottolineare l’innocenza di donne e bambini, come se non fossero le loro madri e i loro figli, ed eviterai di usare il pronome “tutti”, optando per una più equa definizione: “la maggior parte”.

Sì, vedrai il mondo diviso in tante parti: quelle che rubano il lavoro, o peggio che rubano e basta; le parti che vogliono imporre la loro religione o la loro idea di famiglia; le parti che minacciano la tua virilità o il tuo ruolo sociale.

E arriverà il giorno i cui diventerà quasi impossibile farti cambiare idea, nemmeno con dati e fonti autorevoli alla mano o con il racconto di storie personali.

Sarà difficile farti vedere una risorsa dove vedi un’invasione, e la resilienza del naufrago al posto della disperazione. Farti scorgere la bellezza nella diversità o l’amore, dove vedi solo una perversione.

Sarà uno sforzo cercare di mostrarti a colori un mondo che ti ostini a dividere in bianco e nero. Ma io ci proverò lo stesso. E finché ci proverò, saprai che non ho smesso di avere fiducia in te. O nel mio Paese.

 

 

Se questa è una donna

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Ti insegnano presto che il tuo posto nel mondo è accanto ad un uomo. Potrai lavorare ovviamente – anzi adesso devi! – ma questo non ti esonererà dall’essere il “cuore del focolare domestico”. Da bambina ti preparano al tuo ruolo, regalandoti le bambole. Di due tipi: una per insegnarti che il tuo compito è prenderti cura dei figli, l’altra per ricordarti che mentre lo fai devi essere figa e magra.

Potrai avere più lauree e più esperienze all’estero, fare gli straordinari e firmare fogli bianchi ma verrai sempre pagata meno di un uomo.

Dovrai essere abbastanza porca da far eccitare il tuo uomo ma non troppo, per non fare eccitare gli altri. E se per caso verrai costretta ad avere un rapporto sessuale, dovrai chiedere la nazionalità all’uomo che ti ha violentata prima di decidere se ti conviene denunciarlo: se è un immigrato (meglio se africano o “arabo”) si tratterà di stupro. Se è italiano probabilmente te la sarai cercata.

Inizierai presto a capire che cibo e tempo sono i tuoi nemici giurati. Ad un certo punto potrai addirittura percepire il cibo che si trasforma in grasso e il tempo che ti scorre sulla pelle. Dopo i 30 poi, avrai proprio una data di scadenza marchiata a fuoco nel cervello.

Se per caso superato i 35 non avrai (ancora!) un marito e un figlio comincerai a evitare di tornare nel tuo paese di origine. Avrai solo una settimana di ferie e la metà volerebbe nel tentativo di rispondere all’interrogatorio dei tuoi parenti e dei tuoi vicini sul perché “una così bella figliola” non si è ancora “sistemata”. Un po’ l’equivalente di chi a 25 anni non ha ancora la laurea ma molto più grave.

Questo è essere una donna in Italia. Ma non lamentiamoci.. ci sono donne che sono costrette a indossare il burka, altre che vengono infibulate e altre ancora costrette a prostituirsi sulle nostre strade. Almeno noi siamo libere di metterci minigonne inguinali ma stando attente a non farci stuprare; possiamo fare sesso liberamente ma cercando per lo meno di fingere un coinvolgimento emotivo.. si perché gli uomini vogliono venire a letto con te ma poi ti reputano una troia se lo fai solo per il piacere di farlo; e infine nessuno ci costringe a fare sesso a pagamento.. al massimo sesso per “dovere”.


 

Pronto te enseñan que tu lugar en el mundo está al lado de un hombre. Obviamente puedes trabajar, – ¡de hecho ahora tienes que hacerlo! – pero esto no te eximirá de ser el “corazón del hogar doméstico”. De niña te preparan para tu papel, dándote las muñecas. De dos tipos: una para enseñarte que tu trabajo es cuidar a los niños, el otro para recordarte que, mientras lo haces, tiene que ser guapa y delgada.

Podrás tener más títulos y más experiencias en el extranjero, trabajar horas extras y firmar hojas en blanco para que te puedan despedir cuando te quedas embarazada, pero siempre te pagarán menos que a un hombre.

Tendrás que ser lo suficientemente zorra como para excitar a tu hombre, pero no demasiado, para no entusiasmar a los demás. Y si por casualidad te verás obligada a tener relaciones sexuales, tendrás que preguntar la nacionalidad del hombre que te violó antes de decidir si debes denunciarlo: si es un inmigrante (mejor si es africano o “árabe”) será una violación. Si es italiano, probablemente lo habrás buscado.

Pronto comenzarás a comprender que tus enemigos jurados son la comida y el tiempo. En algún momento, incluso puedes percibir la comida que se convierte en grasa y el tiempo que corre sobre tu piel. Después de los 30, tendrás una fecha de caducidad marcada en el cerebro.

Si por casualidad superarás los 35, y no tendrás (¡todavía!) un esposo y un hijo,  comenzarás a evitar regresar a tu país de origen. Solo tendrás una semana de vacaciones y la mitad volaría en un intento de responder al interrogatorio de tus familiares y vecinos acerca de por qué “una hija tan hermosa” aún no se ha “establecido”. Un poco el equivalente de aquellos que aún no se han graduado a la edad de 25 años, pero mucho más graves.

Esto es ser una mujer en Italia. Pero no nos quejemos … hay mujeres que se ven obligadas a usar el burka, otras que vienen infibuladas y otras que aún se ven obligadas a prostituirse en nuestras calles. Al menos somos libres de usar minifaldas inguinales, pero teniendo cuidado de no ser violadas; podemos tener relaciones sexuales libremente pero al menos tratando de fingir una implicación emocional … sí, porque los hombres quieren acostarse contigo, pero luego te consideran una puta si lo haces solo por el placer de hacerlo; y finalmente nadie nos obliga a tener sexo por una tarifa … Al máximo sexo por “deber”.