Le urla senza voce

Arrivano nei momenti di solitudine, quando c’è silenzio nella stanza e nella mia testa. Quando non ho qualcosa da fare o da sistemare, quando non ho qualcuno di cui prendermi cura e posso ascoltarle, arrivano.

Da lontano o da vicino, arrivano, senza nessun filtro. Cariche di disperazione e di rabbia.

E allora mi fermo. Mi lascio sommergere. Attraversare. Riempire. Fino a non sentire più  di essere una sola, fino a sentire quel filo che mi lega a tutti gli altri, quel richiamo atavico dentro di me che mi fa sentire parte di un tutto.

Ed è in quel momento che sento quel dolore straziante alla bocca dello stomaco, che non mi uccide ma mi diminuisce, che non mi lascia cicatrici addosso ma mi rende partecipe fino a lasciarmi sfinita, senza respiro.

Lo sento e lo sento fin dentro le ossa. Lascio che mi scavi dentro, senza fretta. Senza paura. Non come una volta, quando non sapevo che farne.

Oggi più che mai non vorrei mai smettere di sentirlo. Oggi più  che mai non vorrei perdere la mia umanità.

Così  quando arrivano io le ascolto. Le urla mute di chi non ha voce in questo mondo. Oggi più che mai. Perché oggi sono io la loro voce.

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