Come una ragazza innamorata…

Cara amata Italia, 

ti scrivo da lontano anche se mai come in questo momento ti ho sentito così presente nel mio cuore. Mi trovavo in Spagna per fare un dottorato (e per scappare da te, lo ammetto) quando è scoppiata l’epidemia e sono rimasta chiusa fuori. Molti hanno pensato che fosse stato un bene per me ma io mi sentivo già dentro uno di quei film dove la protagonista conosce il futuro e nessuno le crede. Ho previsto tutto quello che è successo, perché lo avevo già visto succedere in Italia. Ho provato a spiegare – senza creare inutili allarmismi – ciò che sapevo. Per esempio che sarebbe bastato ridurre i momenti di incontro o fare più tamponi per evitare la rapidità del contagio che ha colpito l’Italia, solo che nessuno mi ha ascoltato. Non volevano sapere (in questo, ahimè, italiani e spagnoli si somigliano molto). Adesso anche qui stiamo per toccare il picco dei contagi e si diffonde la paura. Solo un’altra volta nella mia vita mi sono sentita come se non sapessi bene da dove arrivava il pericolo. E’ stato in Africa. Solo che lì le malattie di cui avevo paura arrivavano per la maggior parte dalle zanzare, dal cibo, dall’acqua, non dalle persone. E quando alla fine mi sono ammalata è stato il calore umano la mia più grande risorsa. I sentimenti che provavo per le persone conosciute lì mi facevano sentire invincibile, così tanto che decisi di lasciare la mia famiglia all’oscuro. Anche oggi lo farei se mi dovessi ammalare, ma stavolta non perché mi sento invincibile. Solo perché più del coronavirus mi spaventa l’idea che i miei genitori si sentano di nuovo impotenti di fronte alla mia malattia. Non ho mai visto il terrore negli occhi di mio padre prima di ammalarmi di cancro, nemmeno quando piangeva tutti i giorni mentre ero in Africa. E non ho mai visto mia madre rimpicciolirsi tanto. E infatti quando mi dissero che dovevano operarmi di nuovo mentì e raccontai loro che era tutto finito. E sono pronta a mentire di nuovo per proteggerli, solo che questa volta se dovesse succedere non avrò al mio fianco bambini che amo con tutto il cuore o amici e compagni di fede che sono disposti a rinunciare al loro tempo per accudirmi. Ed è per questo che vi scrivo. Perchè ho capito che la gravità di questo virus è che ti priva dell’unica cosa che ci rende invincibili: l’amore. Eppure, paradossalmente è proprio grazie a questo virus che ho riscoperto l’amore per la mia gente e la stima, che per troppo tempo ho creduto di aver perso per sempre. E ho capito anche che questo virus è il nostro banco di prova: è arrivato il momento di decidere che Italia vogliamo essere. Decidere se vogliamo essere l’Italia che evade le tasse, quella degli scaltri, di chi in un momento di crisi alza i prezzi dei beni di prima necessità, dei menefreghisti, l’Italia che chiude i porti e le porte in faccia a chi ha bisogno. Oppure se vogliamo essere l’Italia che in tempi difficili raccoglie fondi per i propri ospedali, che offre servizi gratuiti e fiori per le strade, che intona concerti nei balconi e fa la spesa per i più deboli. L’Italia bella, ma bella davvero. E dobbiamo decidere su cosa vogliamo puntare, che cosa vogliamo coltivare.  Ed è per questo che vi scrivo, proprio come lo farebbe una ragazza che scopre dopo molto tempo di essere ancora innamorata della persona che l’aveva tradita; e sapendo che è l’altra persona a dover decidere se vuole impegnarsi a coltivare la parte migliore di sé oppure no, quella ragazza può solo dirle che è disposta a tornare a fidarsi di lei. 

Io sono disposta a fidarmi ancora di noi. E voi?


Querida Italia,

Te escribo desde lejos aunque nunca como en este momento te he sentido tan presente en mi corazón. Estaba en España para hacer un doctorado (y para huir de ti, lo admito) cuando estalló la epidemia y me quedé cerrada fuera. Mucha gente pensó que era bueno para mí, pero yo me sentía como en una de esas películas donde la protagonista conoce el futuro y nadie le cree. Predije todo lo que sucedió, porque ya lo había visto suceder en Italia. Traté de explicar, sin crear un alarmismo innecesario, lo que sabía. Por ejemplo, que hubiera sido suficiente reducir los momentos de reunión o hacer más pruebas para evitar la rapidez del cotagio que golpeó a Italia, solo que nadie me escuchó. No querían saber (en esto, por desgracia, los italianos y los españoles son muy similares). Ahora, aquí también estamos a punto de tocar el pico de las infecciones y el miedo se está extendiendo. Solo en otra ocasión de mi vida sentí que no sabía exactamente de dónde venía el peligro. Fue en África. Excepto que las enfermedades que temía allí provenían principalmente de mosquitos, comida, agua, no personas. Y cuando finalmente me enfermé, el calor humano era mi mayor recurso. Los sentimientos que sentía por las personas que conocí allí me hicieron sentir invencible, tanto que decidí no decir nada a mi familia. Incluso hoy lo haría si me enfermara, pero esta vez no porque me sienta invencible. Solo porque más que el coronavirus me asusta la idea de que mis padres se sientan impotentes nuevamente ante mi enfermedad. Nunca vi el terror en los ojos de mi padre antes de enfermar de cáncer, incluso cuando él lloraba todos los días mientras yo estaba en África. Y nunca he visto a mi madre volverse tan pequeña. Y, de hecho, cuando me dijeron que tenían que operarme nuevamente, mentí y les dije que todo estaba bien. Y estoy lista para mentir nuevamente para protegerlos, solo que esta vez si sucede, no tendré niños a mi lado a quienes amo con todo mi corazón o amigos y compañeros de fé que estén dispuestos a renunciar a su tiempo para cuidarme. Y es por eso que te escribo. Porque entendí que la gravedad de este virus es que te priva de lo único que nos hace invencibles: el amor. Sin embargo, paradójicamente, es precisamente gracias a este virus que redescubrí el amor por mi gente y la estima, que durante demasiado tiempo creí que había perdido para siempre. Y también entendí que este virus es nuestro examen: ha llegado el momento de decidir qué Italia queremos ser. Decidir si queremos ser la Italia que evade los impuestos, aquella de los astutos, de los que en un momento de crisis elevan los precios de los bienes básicos, de los indiferentes, la Italia que cierra los puertos y las puertas a los que tienen necesidad. O si queremos ser la Italia que en tiempos difíciles recauda fondos para sus hospitales, ofrece servicios gratuitos y flores en las calles, canta conciertos en los balcones y hace las compras para los más débiles. Una Italia hermosa, pero realmente hermosa. Y tenemos que decidir en qué queremos centrarnos, qué queremos cultivar. Y es por eso que te escribo, como lo haría una chica que descubre después de mucho tiempo que todavía está enamorada de la persona que la había traicionado; y sabiendo que es la otra persona la que tiene que decidir si quiere comprometerse a cultivar la mejor parte de sí misma o no, esa chica solo puede decirle que está dispuesta a volver a confiar en ella.
Todavía estoy dispuesta a confiar en nosotros. ¿Y vosotros?