Silvia, stavolta non sei sola

Ciao Silvia,

come stai? come ti senti?

Mi viene istintivo scriverti come si farebbe con un’amica anche se non ci conosciamo e tu non hai mai nemmeno sentito parlare di me. Io sì, ovviamente. Tanto. E per tanto tempo ho lottato come moltissime altre italiane (e italiani) affinchè la tua assenza non diventasse “normale”.  E poi, proprio quando stavo per perdere le speranze è arrivata la notizia della tua liberazione.

Nel pieno di una crisi sanitaria e sociale assurda ho vissuto il tuo ritorno come il segno che tempi migliori stanno per arrivare. Le pagine dei giornali e le bacheche di facebook e degli altri social si sono riempite della tua faccia sorridente, e per un po’ hanno smesso di parlare di morti, guariti e contagiati.

Ma è durata poco cara Silvia perchè hai fatto qualcosa di imperdonabile.. ti sei permessa di decidere che religione seguire, che vestiti indossare, che nome darti.

In un Paese che si vanta di essere una democrazia in cui le donne non sono considerate oggetti e godono delle stesse libertà degli uomini, le critiche che ti rivolgono per le tue scelte religiose sono il paradosso più grande: dimostrano infatti che noi donne siamo libere finchè la nostra libertà rientra dentro le cornici stabilite dalla società, dal buon costume.. ovvero dall’italiano medio.

Eh si, sei tornata libera solo per scoprire che nemmeno una pandemia e una crisi sociale mondiale sono riuscite a cambiare le contraddizioni di cui siamo prigioniere tutte, da sempre.

Ma non ti preoccupare Silvia, stavolta dentro questa prigione non sei sola.