L’unico paragone che vale

Non credo che sia utile paragonarsi agli altri. L’ho creduto sempre. Ricordo che quando mia madre cercava di farmi mangiare ricordandomi come nel mondo ci fossero bambini che non avevano nemmeno un pezzo di pane, io pensavo “E allora? Se mi ingozzo loro avranno meno fame? a che serve paragonarmi agli altri?”.

E poi crescendo, non mi sono mai paragonata alle mie cugine che sceglievano percorsi  di vita diversi dal mio, nè alle mie coetanee che decidevano di avere dei figli a vent’anni o ai miei colleghi universitari che prendevano voti migliori o peggiori dei miei.

Ho sempre creduto che l’unico paragone che aveva veramente senso per me era quello con la me stessa del passato, di un giorno, di un mese o di 5 anni prima.

E anche adesso, in quarantena non mi interessa paragonarmi con chi sta meglio o peggio di me. Rabbrividisco quando sento persone che insistono nel sminuire la sofferenza degli altri sottolineando come ci sia chi sta molto peggio di loro. La sofferenza è sofferenza sempre. Quello che differisce nelle persone è la soglia del dolore e ovviamente questa soglia dipende dalle esperienze vissute, dal contesto, dal carattere e da molto altro ancora.

E poi trovo davvero triste e miserabile il cercare di tirarsi su pensando che tanto c’è chi ha meno di noi (spazio in casa, cibo, soldi, ecc.). Di nuovo, i paragoni non sono utili.

Anzi no, c’è di nuovo un paragone che ha senso e va fatto, quello con noi stessi.

Io per esempio penso a quanto sono fortunata ad aver superato un cancro prima di questa epidemia. La Elisabeth con il cancro aveva le difese immunitarie basse e il corpo a pezzi. Non avrebbe potuto accedere alle cure necessarie senza paura di essere contagiata.

E poi sono grata di aver superato la dipendenza affettiva prima del Covid19. Avere una dipendenza mentre sei costretta a stare chiusa in casa deve essere una tortura. Quante volte uscire con le amiche, andare al mare o semplicemente fare una passeggiata è stato per me un sollievo dal dolore assoluto di non avere accanto a me la persona da cui dipendevo affettivamente.  La Elisabeth dipendente avrebbe rotto la quarantena durante qualche crisi di astinenza (sì! la dipendenza affettiva è esattamente come ogni altra dipendenza).

Sono grata di non avere più quel perfezionismo che mi ha caratterizzato per più di metà della mia vita. La Elisabeth perfezionista avrebbe passato i giorni di quarantena  a soffrire per tutte le cose che non possono essere fatte nel miglior modo possibile (prima di tutto continuare con la ricerca di dottorato).

E più di ogni altra cosa sono grata all’Universo di avermi fatto aprire gli occhi su quel maledetto attaccamento alla maternità. Se oggi fossi ancora la Elisabeth in balia di ciò che detta la società, penserei che questo tempo per fermarsi, per guardarsi dentro, per vedere le incoerenze di un sistema economico e sociale malato,  sia “perduto”, tempo sprecato nel quale avrei dovuto trovare la persona giusta da amare e con cui fare dei figli. E paradossalmente avrei davvero sprecato questo tempo preziosissimo.

Non sprecatelo nemmeno voi, guardando a ciò che hanno o non hanno gli altri o pensando a come sarebbe potuto essere. Riprendevi il vostro tempo!

 

 


 

No creo que sea útil compararse con los demás. Siempre lo creí. Recuerdo que cuando mi madre intentaba obligarme a comer, recordándome que había niños en el mundo que ni siquiera tenían un trozo de pan, pensaba “¿Y qué? ¿Si como mucho ellos tendrán menos hambre? ¿De qué sirve compararme con los demás?”.

Y luego, al crecer, nunca me comparé con mis primas que eligieron caminos de vida diferentes al mío, ni con mis amigas que decidieron tener hijos a los veinte años o con mis colegas universitarios que sacaron mejores o peores calificaciones que las mías.

Siempre creí que la única comparación que realmente tenía sentido para mí era aquella con la Elisabeth del pasado, de un día, de un mes o de hace 5 años antes.

E incluso ahora, en cuarentena, no me importa compararme con quién está mejor o peor que yo. Me da escalofríos escuchar a las personas que insisten en disminuir el sufrimiento de los demás al señalar que hay quien está mucho peor que ellos. El sufrimiento siempre es sufrimiento. Lo que cambia en las personas es el umbral del dolor y obviamente este umbral depende de las experiencias vividas, del contexto, del carácter y de otras cosas más.

Y luego me parece muy triste y miserable intentar levantarnos el ánimo pensando que hay quien tiene menos de nosotros (espacio en la casa, comida, dinero, etc.). Nuevamente, las comparaciones no son útiles.

Un momento.. de hecho hay una comparación que tiene sentido y debe hacerse, nuevamente aquella con nosotros mismos.

Por ejemplo, pienso en la suerte que tengo de haber superado el cáncer antes de esta epidemia. La Elisabeth con cáncer tenía bajas defensas y un cuerpo roto. Ella no podría tener acceso al tratamiento necesario sin temor a ser infectada.

Y luego estoy agradecida de haber superado la adicción emocional antes del Covid19. Tener una adicción mientras te obligan a permanecer encerrada en casa debe ser una tortura. Cuántas veces salir con amigos, ir a la playa o simplemente dar un paseo ha sido un alivio del dolor absoluto de no tener a mi lado a la persona de la que dependía emocionalmente. La Elisabeth dependiente habría roto la cuarentena durante una crisis de abstinencia (¡<Sí! La dependencia emocional es exactamente como cualquier otra adicción).

Estoy agradecida de que ya no tengo el perfeccionismo que me ha caracterizado por más de la mitad de mi vida. La Elisabeth perfeccionista habría pasado los días de cuarentena sufriendo por todas las cosas que no se pueden hacer de la mejor manera posible (en primer lugar la investigación de doctorado).

Y más que nada, estoy agradecida al Universo por haberme abierto los ojos frente a ese maldito apego a la maternidad. Si hoy fuera la Elisabeth que estaba a la merced de lo que dicta la sociedad, pensaría que este tiempo para mirarse hacia adentro, pararse y ver las incoherencias de un sistema económico y social enfermo, es “tiempo perdido”, tiempo malgastado en vez de utilizado para encontrar a la persona adecuada con quien tener hijos. Y paradójicamente, habría perdido realmente este precioso tiempo.

No lo desperdiciéis tampoco vosotros, mirando lo que otros tienen o no tienen o pensando en cómo podría haber sido diferente la vida. ¡Recuperad vuestro tiempo!