Un coraggio che non sai di avere..

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Un uomo stupra una donna per dimostrare di avere un potere che non ha. Non c’è nessuna virilità nello stupro. Né coraggio. Non ci vuole neanche molta forza per stuprare una donna.

Ce ne vuole molta di più per provare compassione per l’uomo che ti ha stuprato. Ed è esattamente nell’attimo in cui riesci a farlo che ti liberi dalla sua presa. Fino a quel momento lui ha continuato a stuprarti nella tua mente.

L’unica cosa che puoi fare, per privarlo del potere che credi lui abbia su di te, è perdonarlo. E il tuo perdono lo salverà o lo distruggerà. Non ci sono vie di mezzo.

L’uomo stupra per dimostrare di avere un potere che non ha. La donna va avanti, dimostrando un coraggio che non sapeva di avere.

Le avventure di Dolceneve (prima puntata)

 

Jpeg

 

C’era una volta una bambina che credeva nelle favole. Il suo nome era Dolceneve. Non era una bimba felice, aveva tante difficoltà ma si sentiva come le protagoniste delle fiabe. Quelle piccole principesse osteggiate da matrigne o da streghe (chissà perché nelle favole i cattivi non sono mai gli uomini) che però, rimanendo fedeli a se stesse, lottando e continuando a credere riescono sempre ad avere il loro lieto fine: il principe azzurro. La bambina cresceva fra le sofferenze ma non si abbatteva mai. Sognava e questo le bastava. Più passavano gli anni però, più in lei cresceva la consapevolezza che le fiabe sono solo fiabe e che i principi azzurri sono orchi mascherati. Diventata donna in mezzo alle battaglie, si era trasformata, da principessa bisognosa di essere salvata, in cavaliere che salva le altre principesse. Era sicura che lei non sarebbe mai inciampata in un orco mascherato. Un giorno, dopo una strenua lotta per salvare la sorella dalle acque stagnanti della violenza, stanca e sfiduciata si avvicinò ad uno scoglio per appoggiarsi un secondo. Non si fermava mai, non si appoggiava mai ma quella battaglia l’aveva distrutta e pensò fra sé e sé “ora ti meriti un po’ di riposo.. e poi non ci sono orchi nei dintorni”. Una volta seduta sullo scoglio, i muscoli le si rilassarono e anche il cuore cedette alla stanchezza, cominciando a pompare lacrime fuori dagli occhi. Mentre piangeva, all’improvviso sentì un rumore provenire dallo scoglio. Si girò di scatto ma non vide nessuno. Riprese a piangere e fu a quel punto che una voce la interruppe di nuovo: “Perché piangi?” disse la voce.

Silenzio.

Non c’era nessuno ma di nuovo sentì “ti ho chiesto perché piangi?”. Non riusciva a crederci eppure quella voce proveniva proprio dallo scoglio! Dopo un po’ di tempo passato ad osservare bene in ogni angolo, per capire se fosse o no uno scherzo, Dolceneve cominciò a parlare con lo scoglio.

– “Chi sei?” provò a chiedere con esitazione.

– “Sono uno scoglio che sostiene le giovani guerriere come te.”

– “Davvero? Gli scogli fanno questo.. e come mai?”

– “Perché sono uno scoglio speciale e questa è la mia missione”.

– “Perché?” Chiese Dolceneve incuriosita.

– “Una volta ero un uomo ma, durante la mia esistenza, alcune sofferenze mi hanno trasformato in uno scoglio freddo e duro. Solo sfidandomi nel sostenere le sofferenze degli altri potrò riprendere la mia forma umana”.

Dolceneve rimase molto colpita da quella storia. Aveva sempre vissuto in un mondo di uomini-orchi e ora l’idea di un uomo-scoglio che aveva il desiderio di sostenere le donne le apriva una nuova visione.. quella di un mondo nel quale Dolceneve non avrebbe dovuto salvare le principesse rinchiuse dentro torri di soprusi o urlare in nome delle sirenette private della voce.  Questa nuova prospettiva le diede un nuovo slancio. Riprese in un secondo tutte le sue forze e si sentì più motivata che mai. Adesso sapeva dove ricaricarsi dopo ogni battaglia e così facendo avrebbe aiutato quello scoglio a tornare uomo. Insieme avrebbero costruito un nuovo mondo, fatto di donne che non hanno bisogno di essere salvate e di uomini che sanno affrontare le sofferenze senza diventare freddi e duri.

 

 

 

L’ennesima

 Sono morta.

Non sono la prima, né l’ultima. Solo l’ennesima.

L’ennesima vittima di genere.

Il mio essere donna mi ha reso vulnerabile, le parole “isterica” e “pazza” mi hanno fatto terra bruciata attorno e l’ amore per i miei figli non mi ha fatto scappare.

La mano che ha ucciso il mio corpo è quella di un uomo.  Il mio.

La verità? Mi ero arresa.

Ero spenta. Stanca. Sola.

Camminando per le strade,  gli occhi dell’indifferenza mi pugnalavano nel fianco, lasciandomi esangue e invisibile.

I miei sorrisi tristi non hanno mai fatto sorgere la domanda “perché”.

E allora non chiedetevelo adesso il perché.

Non chiedetevi perché le donne muoiono.

Muoiono perché sono sole.

21 agosto 2014